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A New York (incredibilmente) ha vinto un socialista democratico

Scritto da  Salvatore Insalaco Venerdì, 14 Novembre 2025 09:53

A New York ha vinto un socialista democratico. Un giovane di trentaquattro anni. Una nuova generazione che non si arrende, che non vuole essere spettatore impotente di una narrazione fatta di odio per lo straniero, di sopraffazione, di razzismo. Ha detto con orgoglio di essere di fede musulmana, e mostrato rispetto per altre religioni, di essere un immigrato, di voler tassare i ricchi sfondati, di non avere paura del cambiamento.

 

E poi ha fatto una cosa fondamentale: ha dato speranza agli emarginati a quelli che stanno male a quelli per i quali tirare avanti la vita è un sacrificio. Ha saputo parlare agli americani in maniera nuova riprendendo allo stesso tempo i valori della sinistra da troppo tempo smarriti: uguaglianza, equità, diritti sociali, diritti per le minoranze, benessere per tutti. Mamdani ha conquistato e affascinato i newyorchesi. Ha riportato la gente di New York a votare parlando di cose concrete e ha vinto.

 

Quale insegnamento può trarre da questo voto la sinistra italiana? Intanto di avere più coraggio. Il coraggio di dire che il capitalismo imperante, rampante e violento, non ha risolto i problemi economici delle persone; il coraggio di dire che questo sistema va cambiato almeno nei suoi aspetti più brutali che crea disuguaglianze e povertà. La sinistra, in tutte le sue articolazioni, deve continuare a battersi per l’affermazione di questi principi di equità e avere il coraggio di sostenere che una tassa per i ricchissimi sarebbe necessaria e opportuna perché permetterebbe la redistribuisce della ricchezza prodotta dagli stessi lavoratori. Il coraggio di parlare degli affitti insostenibili specialmente nelle grosse città; delle difficoltà di mantenere i propri figli all’università. Per questo è sacrosanto scendere in piazza e scioperare per dare voce a chi non ha voce, a chi fa salti mortali per vivere dignitosamente facendo doppi e tripli lavori.

 

Quando una persona, Giorgia Meloni, che prende quasi mezzo milione di euro l’anno ride dello sciopero, è ovvio che non ha mai dovuto scegliere se pagare la bolletta o la spesa. Dietro il disprezzo per lo sciopero c’è un’idea di Paese dove chi protesta è un nemico. Un’idea che viene da lontano. E che fa paura: “Giorgia Meloni, l'anno scorso, ha dichiarato entrate per 460mila euro: le donne del popolo in questo Paese guadagnano un po' meno. Non ha mai fatto uno sciopero vero, perché non ha mai fatto un lavoro vero, ha sempre vissuto di politica, non si è mai trovata in condizioni di dover scioperare, di perdere la paga di quella giornata per scioperare. Un metalmeccanico di terzo livello, per esempio, che guadagna 1.440 euro netti al mese, ne perde 66 per scioperare. Se vuole fare vacanza venerdì, gli converrebbe prendere le ferie e non scioperare, non so se questo è chiaro. In questo disprezzo di Giorgia Meloni per il diritto di sciopero, c'è una cultura, che è quella di estrema destra di ascendenza fascista, che non accetta il conflitto sociale, naturalmente pacifico e non violento. Per loro c'è solo la nazione e gli interessi della nazione li interpreta il governo, chi si oppone è un nemico della nazione e in questa cultura l'uguaglianza non è un valore, la lotta per raggiungerla non è legittima, è proprio il contrario dell'articolo 3 della Costituzione della Repubblica. Questo credo sia importante capirlo perché questo attacco ai sindacati va insieme all'attacco ai magistrati, all'università, cioè a tutto quello che non è riconducibile al governo come unico interprete degli interessi di tutti. E questo è un progetto autoritario, è un progetto che ribalta la Costituzione. E queste piccole battute sarcastiche così irrispettose, così indecenti lo dimostrano.

 

Salvatore Insalaco

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Ultima modifica il Venerdì, 14 Novembre 2025 09:54

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